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Austria allarme Islam

Il significativo mutamento demografico e religioso in atto in Austria che tradizionalmente è sempre stato un paese cattolico sembra ormai inarrestabile.
Nella capitale austriaca la popolazione di religione musulmana supera il 12,50% (dati dicembre 201…

Stoccolma sotto attacco

Stoccolma sotto attacco

Ancora un camion, rubato e lanciato sulla folla nella speranza di fare il maggior numero di vittime.

Nel primo pomeriggio intorno alle 15 ora italiana un camion che trasporta birra, rubato diverse ore prima si è schiantato all’interno di un centro commerciale nell’area pedonale di Stoccolma in pieno centro.

Ci si aspettava il ripetersi di simili azioni, perché le più facili da portare a termine con successo e purtroppo l’intelligence svedese non ha ben attivato tutte quelle procedure preventive che se utilizzate servono a non far avvicinare mezzi di questo tipo a zone affollate.

Avere il permesso per entrare in una zona pedonalizzata in questo periodo non può bastare; in Italia, infatti la prevenzione cosiddetta passiva impedisce con ostacoli fisici ai veicoli di prendere velocità nelle aree a rischio, inoltre nei centri commerciali e nelle zone limitrofe abbiamo, da tempo schierato, rigorosamente in borghese, numerosi speciali in grado di fermare una fonte di pericolo in breve tempo.

Le buone pratiche devono essere sempre condivise.     

© Riproduzione Riservata 

Stoccolma sotto attacco

Stoccolma sotto attacco

Ancora un camion, rubato e lanciato sulla folla nella speranza di fare il maggior numero di vittime.

Nel primo pomeriggio intorno alle 15 ora italiana un camion che trasporta birra, rubato diverse ore prima si è schiantato all’interno di un centro commerciale nell’area pedonale di Stoccolma in pieno centro.

Ci si aspettava il ripetersi di simili azioni, perché le più facili da portare a termine con successo e purtroppo l’intelligence svedese non ha ben attivato tutte quelle procedure preventive che se utilizzate servono a non far avvicinare mezzi di questo tipo a zone affollate.

Avere il permesso per entrare in una zona pedonalizzata in questo periodo non può bastare; in Italia, infatti la prevenzione cosiddetta passiva impedisce con ostacoli fisici ai veicoli di prendere velocità nelle aree a rischio, inoltre nei centri commerciali e nelle zone limitrofe abbiamo, da tempo schierato, rigorosamente in borghese, numerosi speciali in grado di fermare una fonte di pericolo in breve tempo.

Le buone pratiche devono essere sempre condivise.     

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DESTABILIZZARE PER STABILIZZARE

DESTABILIZZARE PER STABILIZZARE

L’attentato dei giorni scorsi nell’aeroporto di Istanbul deve essere inquadrato in un decisa strategia della tensione messa in atto da forze interne al governo turco.

Non dobbiamo pensare che l’azione sia stata autoprodotta ,ma certamente le autorità hanno inspiegabilmente abbassato le difese proprio in un aeroporto che sappiamo essere obiettivo primario in questo momento.

I servizi di sicurezza avevano  preventivamente segnalato   un ipotesi di attacco in aeroporto come si può sottovalutare una simile informazione.

Oggi, ogni aeroporto rappresenta il primo obiettivo sensibile da difendere con modalità non ordinaria.

Erdogan ed i suoi oppositori interni al suo stesso partito vogliono spingere il paese verso una deriva antidemocratica per poi regolare i conti al loro interno, ma per far questo hanno bisogno di tensione ed attacchi continui che giustifichino risposte dure, alleanze strane, nuovi e vecchi accordi da ripristinare.

Sarebbe molto interessante conoscere nei dettagli le armi che sono state usate dai terroristi, se ad esempio gli AK 47 usati  nell’attacco ed il loro munizionamento sono di fabbricazione romena, potrebbero far parte di un lotto recentemente triangolato sul territorio turco, cosi come l’esplosivo utilizzato se proveniente dall’ex Jugoslavia proverebbe in via esclusiva che la logistica dell’operazione è interna.

Forti dubbi vengono, infatti, sollevati sulle attività  preventiva  della polizia turca.

Negli aeroporti di tutto il mondo i protocolli di difesa si sono uniformati e prevedono tempi di reazione bassissimi verso una minaccia, parliamo di 40 secondi per neutralizzare la sorgente del fuoco.

Così non è avvenuto ad Istanbul , nonostante dall’inizio dell’anno gli attentati con vittime sul territorio turco sono stati numerosi e la modalità difensiva e di prevenzione sia teoricamente al massimo livello operativo e cioè “attacco in corso” .

Infine occorre valutare la scarsissima azione preventiva della Polizia turca nel perimetro aeroportuale che normalmente viene filtrato con personale di sicurezza in borghese e da personale in divisa con cani anti esplosivo.

Le versioni ufficiali che descrivono l’attacco sono state fino ad ora lacunose e contraddittorie, non sono stati resi disponibili i filmati dello scontro a fuoco neppure alle agenzie di intelligence amiche nonostante nella zona interessata insistono almeno 60 telecamere brandeggianti ad alta definizione.

Infine non convincono questi ripetuti attacchi ad un paese islamico dove vengono uccisi musulmani, nonostante proprio l’ambiguità di comportamento turco abbia permesso allo stato islamico fino ad ora di sopravvivere.  

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

DESTABILIZZARE PER STABILIZZARE

DESTABILIZZARE PER STABILIZZARE

L’attentato dei giorni scorsi nell’aeroporto di Istanbul deve essere inquadrato in un decisa strategia della tensione messa in atto da forze interne al governo turco.

Non dobbiamo pensare che l’azione sia stata autoprodotta ,ma certamente le autorità hanno inspiegabilmente abbassato le difese proprio in un aeroporto che sappiamo essere obiettivo primario in questo momento.

I servizi di sicurezza avevano  preventivamente segnalato   un ipotesi di attacco in aeroporto come si può sottovalutare una simile informazione.

Oggi, ogni aeroporto rappresenta il primo obiettivo sensibile da difendere con modalità non ordinaria.

Erdogan ed i suoi oppositori interni al suo stesso partito vogliono spingere il paese verso una deriva antidemocratica per poi regolare i conti al loro interno, ma per far questo hanno bisogno di tensione ed attacchi continui che giustifichino risposte dure, alleanze strane, nuovi e vecchi accordi da ripristinare.

Sarebbe molto interessante conoscere nei dettagli le armi che sono state usate dai terroristi, se ad esempio gli AK 47 usati  nell’attacco ed il loro munizionamento sono di fabbricazione romena, potrebbero far parte di un lotto recentemente triangolato sul territorio turco, cosi come l’esplosivo utilizzato se proveniente dall’ex Jugoslavia proverebbe in via esclusiva che la logistica dell’operazione è interna.

Forti dubbi vengono, infatti, sollevati sulle attività  preventiva  della polizia turca.

Negli aeroporti di tutto il mondo i protocolli di difesa si sono uniformati e prevedono tempi di reazione bassissimi verso una minaccia, parliamo di 40 secondi per neutralizzare la sorgente del fuoco.

Così non è avvenuto ad Istanbul , nonostante dall’inizio dell’anno gli attentati con vittime sul territorio turco sono stati numerosi e la modalità difensiva e di prevenzione sia teoricamente al massimo livello operativo e cioè “attacco in corso” .

Infine occorre valutare la scarsissima azione preventiva della Polizia turca nel perimetro aeroportuale che normalmente viene filtrato con personale di sicurezza in borghese e da personale in divisa con cani anti esplosivo.

Le versioni ufficiali che descrivono l’attacco sono state fino ad ora lacunose e contraddittorie, non sono stati resi disponibili i filmati dello scontro a fuoco neppure alle agenzie di intelligence amiche nonostante nella zona interessata insistono almeno 60 telecamere brandeggianti ad alta definizione.

Infine non convincono questi ripetuti attacchi ad un paese islamico dove vengono uccisi musulmani, nonostante proprio l’ambiguità di comportamento turco abbia permesso allo stato islamico fino ad ora di sopravvivere.  

 

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Bruxelles il bersaglio ideale

Polizia di Bruxelles

Hanno scelto Bruxelles perché è il simbolo dell’Europa che ha rinunciato ai suoi valori per una pace mai arrivata. Hanno scelto Bruxelles perché in Belgio i Jahidisti sono stati per anni tollerati fino ad avere una vera e propria egemonia etnica.

 Hanno scelto Bruxelles perché gli apparati di sicurezza belgi in questi ultimi quattro mesi non  hanno fatto passi avanti arretrando invece in termini di prevenzione. Oggi non possiamo più ascoltare i profeti televisivi che cercano le motivazioni sociali di islamici emarginati per giustificare un attentato e una strage, non siamo di fronte ad un ragazzo depresso che decide di farsi esplodere, non è così.

L’Europa, sbagliando, ha scelto di stringere alleanze strategiche con gli uni e con gli altri pensando che questo potesse portare alla pace ed invece siamo in guerra. Gli attentati di Bruxelles indicano chiaramente una vera e propria tattica di intervento pianificata da tempo e gestita con una catena di comando e controllo di formazione militare, la risposta all’attacco non può essere sempre e solo emozionale ed apparentemente dura per una settimana per poi trasformarsi in retorica fino al prossimo attentato. Occorre, invece, creare una intelligence coordinata in tutta Europa con condivisione delle banche dati, nuovi sistemi di difesa passiva degli obiettivi a maggior rischio, anagrafe della video sorveglianza nelle città, analisi attiva delle riprese video e massicce azioni preventive di controllo sugli ambienti culturali islamici che generano il radicalismo.

Frontex ed Europol lavorano ancora su data base separati, il Belgio ha sei corpi di polizia che non comunicano ed una intelligence incapace di infiltrarsi. Molenbeek è un ghetto di 90.000 persone di religione islamica totalmente impenetrabile dall’esterno ed è l’esempio di una Europa capace solo di generare ghetti etnici su cui non riesce ad avere alcun controllo. Dobbiamo,oggi, avere paura del futuro, ma dobbiamo anche essere pronti a difenderci con una vera strategia comune di intervento coordinata da un Fusion Center, letteralmente Centro di Fusione, incardinato su tre livelli: Politica – Intelligence – Militare  che corrisponde rispettivamente alla decisione politica all’analisi strategica ed all’azione operativa. Occorre, inoltre, agire sullo scenario internazionale: non dobbiamo più strizzare l’occhio ad Arabia Saudita e Quatar che alimentano economicamente le correnti salafite, brodo di coltura del terrorismo islamico. A Bruxelles inspiegabilmente non  sono state applicate le procedure di difesa previste durante un attacco terroristico un’ora dopo le bombe in aeroporto la metro non era stata chiusa, perché? Il filtro di polizia in borghese all’interno dell’aerostazione non c’era, perché? Il dubbio che una “Spectra” mondiale cerchi di instaurare un nuovo ordine esiste e se nelle prossime settimane il contrasto al terrorismo non si declinerà in azioni concrete, allora sarà più di un dubbio.

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Bruxelles il bersaglio ideale

Polizia di Bruxelles

Hanno scelto Bruxelles perché è il simbolo dell’Europa che ha rinunciato ai suoi valori per una pace mai arrivata. Hanno scelto Bruxelles perché in Belgio i Jahidisti sono stati per anni tollerati fino ad avere una vera e propria egemonia etnica.

 Hanno scelto Bruxelles perché gli apparati di sicurezza belgi in questi ultimi quattro mesi non  hanno fatto passi avanti arretrando invece in termini di prevenzione. Oggi non possiamo più ascoltare i profeti televisivi che cercano le motivazioni sociali di islamici emarginati per giustificare un attentato e una strage, non siamo di fronte ad un ragazzo depresso che decide di farsi esplodere, non è così.

L’Europa, sbagliando, ha scelto di stringere alleanze strategiche con gli uni e con gli altri pensando che questo potesse portare alla pace ed invece siamo in guerra. Gli attentati di Bruxelles indicano chiaramente una vera e propria tattica di intervento pianificata da tempo e gestita con una catena di comando e controllo di formazione militare, la risposta all’attacco non può essere sempre e solo emozionale ed apparentemente dura per una settimana per poi trasformarsi in retorica fino al prossimo attentato. Occorre, invece, creare una intelligence coordinata in tutta Europa con condivisione delle banche dati, nuovi sistemi di difesa passiva degli obiettivi a maggior rischio, anagrafe della video sorveglianza nelle città, analisi attiva delle riprese video e massicce azioni preventive di controllo sugli ambienti culturali islamici che generano il radicalismo.

Frontex ed Europol lavorano ancora su data base separati, il Belgio ha sei corpi di polizia che non comunicano ed una intelligence incapace di infiltrarsi. Molenbeek è un ghetto di 90.000 persone di religione islamica totalmente impenetrabile dall’esterno ed è l’esempio di una Europa capace solo di generare ghetti etnici su cui non riesce ad avere alcun controllo. Dobbiamo,oggi, avere paura del futuro, ma dobbiamo anche essere pronti a difenderci con una vera strategia comune di intervento coordinata da un Fusion Center, letteralmente Centro di Fusione, incardinato su tre livelli: Politica – Intelligence – Militare  che corrisponde rispettivamente alla decisione politica all’analisi strategica ed all’azione operativa. Occorre, inoltre, agire sullo scenario internazionale: non dobbiamo più strizzare l’occhio ad Arabia Saudita e Quatar che alimentano economicamente le correnti salafite, brodo di coltura del terrorismo islamico. A Bruxelles inspiegabilmente non  sono state applicate le procedure di difesa previste durante un attacco terroristico un’ora dopo le bombe in aeroporto la metro non era stata chiusa, perché? Il filtro di polizia in borghese all’interno dell’aerostazione non c’era, perché? Il dubbio che una “Spectra” mondiale cerchi di instaurare un nuovo ordine esiste e se nelle prossime settimane il contrasto al terrorismo non si declinerà in azioni concrete, allora sarà più di un dubbio.

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LA FRANCIA SOTTO ATTACCO

LA FRANCIA SOTTO ATTACCO

In una Europa senza univoche strategie di prevenzione al terrorismo la Francia subisce un attacco senza precedenti con un bilancio di oltre 100 morti e numerosissimi feriti.

I fatti li abbiamo visti tutti sui media e ricalcano le tattiche di guerriglia dei palestinesi di alcuni mesi fa in Israele, naturalmente con altri mezzi e altri danni. Gli attacchi sono preceduti da un forte orientamento all’odio attraverso il web, l’azione è sincronizzata su varie zone della città in  obiettivi non sensibili e a basso impatto politico, quindi non vengono scelti luoghi presidiati,  ma posti dove si aggrega la gente comune per rilassarsi, ristoranti,teatri, lo stadio. La missione è fare più vittime innocenti possibili in poco tempo per inoculare nella popolazione il condizionamento al terrore. 
I terroristi avevano certamente un buon addestramento basico all’uso delle armi e comunque votati al martirio, certamente combattenti di ritorno dalle aree di crisi e  totalmente indottrinati alla jihad.

Perché ancora Parigi perché ancora la Francia, perché semplicemente è la nazione europea maggiormente infiltrata dall’integralismo islamico, è il paese che più di altri è stato ed è territorio europeo di reclutamenti del califfato ed è inoltre la location dove, da oltre 10 anni, si predica, nelle periferie abbandonate, il diritto  degli islamici di terza  generazione ad uccidere i cosiddetti infedeli.

Non dimentichiamo la battaglia parigina delle banlieu dove migliaia di giovani immigrati francesi di religione islamica, per giorni, hanno combattuto una vera e propria guerriglia urbana con le forze dell’ ordine in una zona franca, diventata negli anni l’ humus ideale per reclutare uomini e donne da arruolare nell’ esercito del califfato.
Su Parigi incombe poi anche una storica alleanza di più gruppi terroristici jihadisti che riescono, con grande facilità, a coordinarsi ed ad agire quasi indisturbati in Francia, facendo leva emotiva proprio dalle azioni di politica estera interventista che il governo transalpino ha in medio oriente, nel Magreb e nel centro Africa. Questi, in sintesi, i motivi di un attacco annunciato che completa nel venerdì di preghiera arabo i precedenti attacchi agli sciiti in Siria, Iraq e giovedì in Libano con oltre 40 morti. Sigillare le frontiere diventa ormai necessario almeno  per monitorare gli ingressi e le uscite .
Bisogna uscire dalle retorica buonista, che paralizza le necessarie risposte repressive europee,  ed esercitare un vero controllo di intelligence sull’ espansione dell’ Isis e degli altri gruppi, basta con le chiacchiere inutili che ci raccontano che occorre comprendere i motivi  delle azioni terroristiche, occorre impedire fisicamente nuovi attacchi, occorre fermare l’ espansione di Daesh in Siria ed Iraq , occorre una strategia comune di intelligence per mettere in sicurezza l’ Europa, occorre coinvolgere attivamente la Russia in questo percorso, altrimenti ci troveremo ancora a piangere vittime innocenti.

 

 

(immagine tratta da www.angelotofalo.com)

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